Alberto Borgogno - «CANTO DI SAFFO: AMORE E SEPARAZIONE» - Interprete Silvia Nencetti

Producer: Alberto Borgogno Musica: Alberto Borgogno Testo: Alberto Borgogno, da frammenti di Saffo Canto: Silvia Nencetti (Official Music Video) TESTO Nel bosco odoroso di meli altari fumanti d’incenso, il canto dell’acqua tra i rami: tra noi sei presente, Afrodite. Ricordo il tuo antico soccorso, dicesti: «Chi devo, mia Saffo, mia folle, portare al tuo amore?» Ti voglio alleata anche adesso! Si dice che sopra la terra la cosa più bella è la schiera di fanti o di navi o di carri, l’esercito dei cavalieri: io dico che è bella soltanto la cosa che giunge nel cuore in forma d’amore bruciante, la cosa che amo, che amo! Un uomo divino ti siede di fronte, ascolta vicino la voce tua dolce, contempla felice l’amabile riso. Ho il cuore sconvolto, la lingua si spezza, un fuoco sottile mi brucia la pelle, il buio ho negli occhi, il rombo alle orecchie. Son tutta tremante, mi gela il sudore, più verde dell’erba mi sento morire: un uomo divino, un uomo divino! Più verde dell’erba mi sento morire, son tutta tremante mi gela il sudore, ho il buio negli occhi, il rombo alle orecchie. Un fuoco sottile mi brucia la pelle, il cuore ho sconvolto, la lingua si spezza: un uomo divino ti siede di fronte, ascolta vicino la voce tua dolce, contempla felice l’amabile riso: un uomo divino, un uomo divino! È tutto finito, io tutto sopporto: le stelle stanotte intorno alla luna terranno nascosto il volto fulgente, io dormirò sola coi nostri ricordi: unguenti preziosi collane di fiori. Io dormirò sola coi nostri ricordi: unguenti preziosi collane di fiori virgulti di aneto corone di viole profumo regale corolle di rose il morbido letto il tenero collo. Profumo regale corolle di rose il morbido letto il tenero collo sospiri sommessi il fuoco placato… Ho costruito il testo della mia canzone utilizzando brani di ben sette frammenti fra quelli che si sono salvati nel naufragio dell’opera di Saffo (nn. 1-2-16-31-34-94-168b nella benemerita edizione di Eva Maria Voigt): tutte le parole che ho affidato al canto sono traduzioni di altrettante parole greche che si trovano nei frammenti: però il collocarsi di queste parole in un ordine che crea una narrazione, il loro disegnare in qualche modo una fabula, sia pure di breve respiro, è dipeso esclusivamente da me, io me ne assumo la piena responsabilità! In cosa consiste il mio racconto? All’inizio vediamo Saffo nel giardino del suo tiaso, probabilmente nel tardo pomeriggio, quando ancora fumano gli altari dei sacrifici (fr. 2): invoca la grande dea di cui è sacerdotessa, Afrodite, e la prega di starle accanto, di esserle alleata nel suo prossimo tentativo di rendere più amorosa una delle sue ragazze (fr. 1), e ha anche modo di esporre la sua idea – che diventerà famosa nei secoli – riguardo alla bellezza e all’amore («la cosa più bella è ciò che si ama», fr. 16). Dopo la pausa strumentale ho collocato il frammento 31: Saffo improvvisamente vede una sua allieva seduta accanto a uno splendido giovane, lì nel giardino; la vede felice e accondiscendente, e allora esplode in quella serie di manifestazioni affettive e fisiche che hanno affascinato tanti lettori, a partire dall’Anonimo del Sublime, che ci ha trasmesso il frammento, e da Catullo, che ce ne ha lasciato una magistrale traduzione nel metro preciso dell’ode saffica (seguiranno in epoca moderna le due traduzioni del Foscolo, 1790 e 1821, e quelle di Racine e di Tennyson, entrambe del 1832). Si tratta di una delle ragazze da lei amate: è giunto da lontano il bellissimo pretendente, forse ha già stipulato il contratto di matrimonio col padre di lei, e lei gli rivolge un dolce sorriso: dunque Saffo la perderà. Troppo semplicistico battezzare con lo sbrigativo nome di «Ode della gelosia» - come spesso è stato fatto - questo immortale frammento 31 Voigt, che nasce da un inestricabile intreccio di situazioni e di sentimenti. Esso termina con alcune parole che, pur prive ormai del contesto originario, forniscono un indizio prezioso per la prosecuzione della nostra storia. Si tratta dell’affermazione «ma tutto si può sopportare» (allà pàn tólmaton): Saffo dovrà sopportare la separazione perché è giusto che questa avvenga, perché così vuole l’istituzione che la vede sacerdotessa di un tiaso famoso in tutto il Mediterraneo orientale. E allora, quando la notte sarà sopraggiunta e la luna avrà prepotentemente cancellato tutte le stelle (fr. 34), Saffo, sola nel suo letto, lenirà il suo dolore coi ricordi struggenti del tempo passato: le splendide espressioni che il lacunoso frammento 94 lascia intravvedere, con l’aggiunta di qualche altra notazione pur sempre desunta dal lessico per la poesia femminile creato dalla nostra poetessa, mi hanno fornito le parole della chiusa del pezzo.